Il bello delle fotografie è sempre stata la loro staticità. Dicono così. Secoli fa la gente credeva che la propria anima venisse intrappolata, cristallizzata, dentro gli scatti. Che l’anima, insomma, venisse rubata.
Fossimo in una sitcom decine di persone sugli spalti e fuori campo si sganascerebbero di fronte ad affermazioni di questo tipo, semplicemente perché affermazioni anacronistiche, fuori dal sentito dire scientifico che caratterizza la nostra società. E poi, oggi, fotografiamo ogni singola cosa ci venga a tiro quindi, fosse vero, di anime non se ne vedrebbero più in giro. Eppure ogni tanto ripenso a questa cosa con inaspettata serietà
-risate in sottofondo-
Sì, insomma, ripenso a come da un punto di vista puramente materiale, quei personaggi barbuti, mal vestiti e decolorati da metà ottocento non avessero tutti i torti. Scatti un’immagine e sai che, con ogni probabilità, quell’immagine sopravviverà alla tua persona
-risate scomposte in sottofondo-
Vero è che oggi guardiamo negli occhi personaggi di cui non restano neppure le ossa. Non vi inquieta? A me tantissimo. Penso che tra cento anni, duecento o trecento anni, gli uomini del futuro vedranno dei miei momenti e penseranno a quanto cazzo fossi brutto con questo taglio di capelli, a quanto fossi anziano con questi vestiti addosso, insomma tutte le cose che la gente pensa ora di me. Immagino i futuri Italiani, alti minimo due metri, con il collo piegato in avanti e mezzi ciecati, giudicarmi in piccole e sfocate (per il loro mezzi) fotografie, piccoli momenti di vita di un antico tizio anonimo che visita altre città dell’antica Europa, che mangia un cornetto al bar, che lavora su un preistorico computer con il gatto appollaiato sulle spalle
-mugolio intenerito-
Me li immagino farsi due risate sul mio strano aspetto, sulla mia assurda arretratezza e cultura. Immagino questi individui chiedersi come fosse vivere la vita senza tutta la loro tecnologia avanzata, senza il loro stile di vita moderno. Avanzato. La cosa diventa terrorizzante, nella mia testa, al pensiero che questi individui possano trovare immagini di me a tredici anni, brufoloso, panciuto, occhialuto e tanto ma tanto sfigato.
-risate isteriche col dito puntato o i palmi sullo stomaco-
Un ragazzetto che cresce bene insomma, non come quei tipetti magrolini e di successo che poi, varcata la soglia della maggiore età si stupiscono per ogni calcio nel culo preso. Si ma la cosa non riguarda solo me, riguarda un po’ tutti. Si perché le fotografie davvero ci prendono l’anima e ce la prendono quando invece di sentire bene il sapore del cornetto al bar, lo ingurgitiamo facendo una faccia buffa mentre lo addentiamo, ce la prende quando facciamo freddare la pietanza che abbiamo davanti perché l’inquadratura o la luce sono sbagliate. Ci ruba l’anima quando non ascoltiamo cosa ci dice chi abbiamo vicino perché impegnati a catturare il venticinquesimo tramonto della settimana.
-silenzio riflessivo-
Per quanto riguarda il ragazzino di tredici anni, quello brufoloso e cicciotto, lui certamente la foto non la voleva fare ma gliel’hanno scattata ugualmente. Sarà sottoposto comunque alla gogna e alle risate dei futuri Italiani, fottuti stronzi tutti storti e rincoglioniti. Sicuramente loro a tredici anni si riempiranno anche di botox e sostanze abbellenti ma noi nel 1998 queste cose non le facevamo. Ci tenevamo tutto lo schifo che gli ormoni ci piazzavano in faccia e questo, si proprio l’andare in giro in questo modo, voleva dire crescere.
-silenzio imbrarazzato-
Fossimo in una sitcom arriverebbe il momento in cui correggo il tiro, sospirando, dicendo sommessamente:
“Ok, ok, l’anima resta al suo posto, quella dell’ottocento era senz’altro una paura irrazionale. Ma quello che volevo dire è che le fotografie ci rubano il tempo e la concentrazione. Meditate gente. Meditate”
-Applausi mentre le luci, lentamente si spengono, lasciando spazio alla simpatica sigla di chiusura-
Ma non siamo in una sitcom e allora vi dico:
“Ok, ok, l’anima resta al suo posto, lasciamo stare che mi sembrate già messi male con le false credenze ma, per favore, vi supplico, basta con queste cazzo di foto.
Basta.
Soprattutto a quei poveri ragazzetti di tredici anni che, come noi sfigatelli del 1998, si ritrovano in condizioni penose, presi in giro e senza l’ombra di accettazione sociale.
Senz’altro cresceranno bene e con la testa a posto ma almeno non ricordiamogli per tutta la vita che aspetto avevano a quell’età.
Sigla.