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Risotto con gli asparagi.

Mi piace il risotto con gli asparagi. Ne vado quasi fiero di questo mio amore. L’asparagio è quella cosa bruttissima che cresce in condizioni altrettanto rudi, ma che poi, quando si fa mangiare, ti racconta del sapore della terra, il sapore della sua provenienza e della sua essenza. Un gusto praticamente unico.

Poi quando lo digerisci ti puzza il piscio per una settimana.

Fantastico l’asparagio. Perché ti ricorda, con il suo piscio puzzolente (non che poi, solitamente, il piscio profumi di “big bubble”) che lui ti entra dentro, ti attraversa le budella e si fa assimilare. Viene ammollato, impacchettato, liquefatto e assorbito e, alla fine di tutto questo giro, fa nuovamente capolino sotto forma di puzza.

Incredibile l’asparagio. Perché ci ricorda quella cosa che ogni tanto medici e filosofi cercano di farci ricordare: siamo quello che mangiamo. Forse è l’unico alimento che lo fa con tanta enfasi eh. Magari un altro alimento che ce la mette tutta è il nero di seppia. La merda nera ti rimane bene impressa quando la fai. Però, diciamocelo, non ha la stessa eleganza.

Ecco, io gli asparagi li paragono un po’ all’amore. Come l’amore li trovi in mezzo ai campi della quotidianità, solo al momento giusto della vita; devi saperli trattare per assaporarne al meglio tutto il sapore e, quando ci riesci, ti danno tutto il gusto della terra, tutto il gusto del loro luogo di provenienza.

Poi, proprio come l’amore, quando tutto finisce continuano a farsi sentire nel lungo processo di espulsione delle tossine. Eh si, l’amore che finisce, si sente ad ogni pisciata.

E poi li associo a quella volta in cui avevo quattro anni e mio padre mi mise in piedi davanti a lui sul motorino. Girammo tra i monti vicino casa raccogliendo asparagi. Il vento in faccia. Le mie piccole mani sul manubrio fingendo d’essere un pilota esperto. La risata di mio padre in risposta al mio essere felice. Mio padre felice.

Mi piacciono gli asparagi.