[19]

Una volta mio nonno mi disse che l’uomo si accorge dell’arrivo dell’età adulta quando inizia a provare interesse per le piante. Quando inizi a voler avere sul tuo balcone piccoli vasetti con i ciuffi verdi, quando la mattina ancora rincoglionito e incrostato ti fai una boccata d’aria gelida solo per passare l’acqua tra i vasi, allora significa che stai ufficialmente diventando un uomo di mezza età.

Questa è stata una delle cose più sagge che mi abbia mai detto e, fanculo, era vera.

Da ragazzino esplori il mondo anche se i veri esploratori hanno bicipiti di ferro, barbe incolte e coraggio da vendere. Lo esplori restando nel tuo giardino o sconfinando, al massimo, nel giardino del vicino. Lo esplori guardando i fiori, chiedendo a qualcuno più alto di te come funzionino le cose, sbucciandoti ginocchia e gustando cibi saturi di sapore. T’arricchisci di piccole cose perché la grandezza è sempre soggettiva e, si sa, i ragazzini sanno rendere immensamente grande quello che apparentemente sembra essere piccolissimo.

Da adolescente t’alleni alla vita vera, scontrandoti con altri ragazzi che pretendono aprioristicamente di avere qualcosa in più di te. Ti massacri di seghe mentali. Ti massacri di seghe vere e proprie fino a devastarti di calli. Ti massacri di seghe mentali sul perché tu sia così concentrato sul massacrarti di seghe vere e proprie, fino a quando non trovi una fidanzatina. Allora giù di pomiciate neanche fossi un cavallo impazzito nella valle degli zuccherini. Nel mentre non lasci andare via i calli. Ti alleni alla vita vera scontrandoti con il sistema scolastico, giocando alla guerra e alla rivoluzione. Scontrandoti con la famiglia. Soffri fino all’agonia e risorgi ogni giorno in un brodo di ormoni. Strisci in un costante “Odi et Amo” nella più prosaica delle psicosi inoffensive.

Poi arriva l’età adulta. Una giovane età adulta che ti vede all’opera, immischiato nella conquista d’uno spazio tutto tuo, d’una identità che ti si addica e che ti realizzi. Venti e passa anni e non sentirli, buttandoti sull’altro sesso, sul sesso, sul fiume infinito della letteratura e sul mare in tempesta della scienza. Capisci di poter avere tutto questo allungando le mani e le allunghi per prendere e strappar via nemmeno fossi ad un buffet dove fare l’ospite rozzo e maleducato è del tutto consentito. Il contrasto dei vent’anni è talmente marcato e ilare da essere quasi eccessivo: puoi avere donne e conoscenza, divertimento e riflessione, ma resti sempre senza un soldo bucato.

Poi, d’improvviso ma non troppo, superi il segno della maturità. Ti guardi allo specchio la mattina e la barba è spruzzata di bianco, i capelli hanno ciocche brizzolate, qualche ruga inizi ad averla e nel complesso inizi ad assumere un tono maturo. Salti un nuovo confine, inizi un nuovo giro. Ti dici che ogni età ha la sua presa sulla mente e questa età ti rende meno vorace, più calmo, meno desideroso. Ti libera dal brodo d’ormoni di cui puzzi da un ventennio e ti rende più attento a microscopici momenti che prima non avresti minimamente calcolato. Ti solleva dentro tenerezze di cui non sapevi l’esistenza e ti fa crescere necessità improponibili qualche tempo prima.

Sul balcone ho qualche pianta, verde, piccola e con qualche frutto appeso. Sul balcone ho la riprova che mio nonno aveva ragione, tanti anni fa; la mattina mi alzo e, noncurante della temperatura, annaffio queste piccole e inutili cose verdi perché dopotutto nell’individuo che cresce nasce sempre, prima o poi, il desiderio di appartenenza, il desiderio d’avere uno spazio da chiamare “casa” e che abbia vere o metaforiche radici, un posto dove affondare le dita e sporcarsi le mani. Qualcosa che, col tempo, puoi vedere crescere e morire.

Una mattina dopo l’altra, freddo dopo freddo.

Spettinato e assonnato sul balcone.